War must go on
“È scoppiata la pace”, questa la frase con cui Maria Paiato, nei panni di Anna Fierling, anche detta Madre Courage, esordisce all’annuncio della pace ristabilita. Quest’espressione rivela come la pace sia considerata un evento straordinario, quasi una sciagura, da chi ormai percepisce la guerra come la sua condizione normale. Madre Courage e i suoi figli è ambientato da Brecht durante la guerra dei trent’anni ma la scenografia e i costumi rimandano agli anni nei quali è stato scritto il testo. Per la scena sono utilizzati, infatti, materiali come la plastica, mentre i costumi rievocano la prima guerra mondiale. Così il regista Paolo Coletta sembra invitare il pubblico a prendere le distanze da una precisa ambientazione storica per considerare gli elementi ricorrenti in ogni guerra. A ribadire come la guerra sia un meccanismo che si ripete nel corso del tempo, il regista fa recitare alla Paiato le stesse parole all’inizio e alla fine dello spettacolo, segno di una ciclicità che non conosce interruzioni. Ogni personaggio adegua, quindi, il proprio atteggiamento alla guerra, tutti cercando di trarne beneficio in qualche modo. La protagonista reprime quasi ogni sentimento e sembra ormai insensibile al dolore. Altri, invece, rinunciano alle proprie convinzioni pur di salvarsi la pelle, come il Cappellano, che pur essendo protestante finge di essere cattolico quando gli conviene. C’è chi rinuncia alla propria dignità e rende il proprio corpo una mercanzia, come Yvette; oppure chi, come Eilif (il figlio maggiore della Courage), sfrutta la propria posizione di soldato per impossessarsi di beni altrui. Chiunque rinuncia a una parte di sé, chi più chi meno, a causa della guerra. Cosa ci fa la guerra? Rivela chi siamo davvero? Fa emergere la bestia che è in ognuno di noi? Probabilmente sì. La guerra, come ci insegna la storia, palesa ciò che tentiamo sempre di nascondere. Ovviamente questo non vale per tutti e ce lo ricorda anche Brecht con l’onestà di Schweizerkas (il figlio minore della Corage). Ma la guerra, sembra dirci l'autore, non avrà mai fine, almeno finché l’uomo continuerà a seguire i suoi scopi a discapito degli altri: war must go on.