Madre Courage- senza figli e senza coraggio

“Guardare non è più un atto innocente”, citando Castellucci, è la lapidaria sentenza che racchiude l’essenza dello spettacolo. In contrasto con una scenografia vuota e nera, un grande occhio rosso ci scruta dall’alto, minaccioso. Ma non osserva solo noi, il suo sguardo è rivolto soprattutto a Madre Courage. Anna, vero nome della protagonista, è una mercante immersa nei suoi affari che aumentano in tempo di guerra. Tuttavia, il suo ruolo di affarista entra in conflitto con (o, forse, è complementare a) il suo istinto materno: da un lato è assetata di ricchezze e spera nella guerra, dall’altro la teme per il bene dei suoi figli. Eppure diventa palese, durante il corso dello spettacolo, che delle due parti in lotta tra di loro la donna prediliga la prima. Eilif, Schweizerkas e Kattrin, avuti da uomini diversi, muoiono inevitabilmente uno dopo l’altro. Pur non potendo deresponsabilizzarla, la sua freddezza è frutto di un normale strumento di difesa contro la guerra. In tempo di grave criticità, tutti i personaggi reagiscono egoisticamente, seguendo un istinto naturale che non ha pietà per nessuno. In questo intrecciarsi di interessi personali spiccano, quasi del tutto innocenti, i figli. Essi incarnano le virtù che la guerra spazza via, lasciando spazio a vigliaccheria, opportunismo, crudeltà. E’ sotto quest’ottica che lo spettacolo può essere considerato un dramma morale: Brecht ci invita a non cedere all’impulso bestiale di sopravvivenza. 

L’occhio diventa un segnale di avvertimento. E’ la coscienza che parla, la voce che Madre Courage continua a reprimere perché le ricorda la sua colpevolezza. Ma davvero la Courage resta impunita? E’ la morte la punizione più grande? L’essere rimasta senza figli probabilmente lo è molto di più. Ma questo la protagonista non lo ammette mai. Forse non ha poi così tanto coraggio, almeno non abbastanza da riconoscere i propri errori o da mettersi a nudo. Non ci permette mai di scoprire le sue debolezze, non lascia neanche uno spiraglio aperto tra le porte della sua vulnerabilità. A fine spettacolo rimane sola sul palco, oltre che nella propria vita. Si ha l’illusione di percepire nello sguardo e nella voce una briciola di un pentimento. Ma le crude parole pronunciate con indifferenza sono le stesse che hanno aperto lo spettacolo, quando ancora niente era successo, segno dell’inizio di un nuovo ciclo di affari e di morti. La donna indossa una pelliccia rosso fuoco, noncurante del fatto che quel colore è anche quello del sangue dei suoi figli. Madre Courage ora è solo Courage. Ma, probabilmente, nemmeno quello.