Il nuovo numero de La Falena
EDITORIALE
Di Alessandro Toppi, Lorenzo Donati, Maddalena Giovannelli, Rodolfo Sacchettini
Viktor Šlovskij in un libro oggi introvabile racconta di una recita compiuta per i soldati, durante la prima guerra mondiale, nelle retrovie del fronte russo. Si metteva in scena La proposta di matrimonio di ÄŒechov. Una farsa: utile, secondo il comando generale, per intrattenere e distrarre chi presto sarebbe andato incontro al massacro. Un telo sul fondo dunque, qualche arredo raccattato alla buona e due attori che dicono un testo con cui, ironizzando su certe usanze borghesi, ÄŒechov parla a suo modo di libertà e di voglia di vivere. Alla fine della recita tuttavia, quando il protagonista fugge dalla casa della futura moglie, severa e opprimente, i soldati dovrebbero ridere e invece non ridono: come se qualcuno avesse aperto loro gli occhi mostrandogli, in maniera imprevista, la condizione in cui erano, quel che di lì a breve gli sarebbe capitato: stavano per sposare la morte. I militari tornarono in silenzio alle brandine, narra quindi Šlovskij; in silenzio passarono la notte fissando il soffitto, in silenzio s’alzarono all’alba, in silenzio decisero di fuggire.
«Disertarono» commenta Eugenio Barba riportando l’episodio in Teatro. Solitudine, arte, mestiere, rivolta così dimostrando «il potere chiarificatore che talvolta ha la parola teatrale» che, al contrario di quella dei mass media, non è destinata a un uditorio vasto e indistinto ma viene data invece ogni sera, tra le mura di questo edificio, a un numero di donne e uomini ridotto quant’è ridotta la capienza permessa dalla platea. Insomma: «il teatro» sostiene Barba «lavora non per il pubblico ma per gli spettatori» ovvero: non bada «all’estensione» ma cerca «la profondità», nella speranza che lo spettacolo «pianti radici in alcune memorie individuali».
Non si tratta di ottenere quanta più audience possibile dunque: la sua scommessa invece ha a che fare con la capacità di parlare davvero a chi ha di fronte attraverso l’uso di una parola autentica: rivolta agli spettatori non in generale e in astratto ma in particolare e in concreto.
La ricerca di una parola autentica, usata non in generale e in astratto ma in particolare e in concreto è il sentimento che domina questo numero de «La Falena», a cominciare dalle pagine dello Speciale con cui – riprendendo il titolo di un incontro avvenuto il 25 settembre al teatro Magnolfi di Prato (Scritture del dopo) – ne rilancia temi, contenuti ed urgenze chiedendo a chi per lavoro racconta il presente «tu ora come provi a parlarci davvero?». Lo chiede «La Falena» ai drammaturghi e alle drammaturghe del teatro italiano, certo, e a chi compone podcast per la radio, scrive sceneggiature per il cinema, realizza docu-serie tv, scatta foto per i giornali, così confermando la connessione interdisciplinare che contraddistingue la rivista.
Ma «tu ora come provi a parlarci davvero?» chiede «La Falena» anche ai critici, perché si assumano la responsabilità di condividere coi lettori il racconto dell’opera che più di tutte secondo loro, nei mesi in cui siamo tornati in presenza, ha detto qualcosa di prezioso, che vale e non passa.
«Tu ora come provi a parlarci davvero?» chiede ancora «La Falena» a chi adopera i lessici che compongono il fatto teatrale: affrontando la biografia letteraria di un regista, recuperando pagine perdute di drammaturgia, mettendo in rapporto i discorsi degli e sugli autori stranieri, facendo raccontare il proprio mestiere a chi dice in scena attraverso un taglio di luce o il modo in cui la parola deve suonare.
E «tu ora come provi a parlarci davvero?» è la domanda che infine «La Falena» pone anche a se stessa. Come risponde la rivista? Denunciando le scelte recenti del Ministero della Cultura, ridando valore all’approfondimento recensivo, testimoniando il vuoto culturale prodotto da certe politiche (e da certi politici) e ricordando, con commozione ma senza retorica, un poeta della scena italiana e un maestro di giornalismo, di pensiero critico e di passione teatrale.
Di Alessandro Toppi, Lorenzo Donati, Maddalena Giovannelli, Rodolfo Sacchettini
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