La valle dell'Eden
Spettacolo
Esiste l’Eden? È mai esistito? Esisteva l’Eden prima che l’uomo avesse il dono di dare il nome alle cose? In quell’Eden dove il giorno e la notte erano sipario di un atto creativo fuori da ogni comprensione umana, un Dio creò il Tutto, da solo lo creò. Oggi mi chiedo: "perché lo creò?".
Questa domanda è forza motrice non solo per me ma, credo, per tutti quelli che non trovano pace davanti a tanta perfezione. Eppure il Dio che tutto sa, nell’immensa perfezione dell’Eden abitata dagli innocenti, decise di creare l’imperfezione: dalla terra madre diede forma all’uomo e alla donna e solo a loro diede il dono della parola, perché questa potesse dare nome al tutto, ma soprattutto potesse chiamare il suo creatore. E così fu: lo chiamarono Padre, lo chiamarono Creatore, lo chiamarono Dio Onnipotente, e da quel giorno il Dio esistette, per nascere, morire e risorgere.
Ma perché il Dio che tutto sa creò l’imperfezione al centro del suo Eden? Solo per essere chiamato? Ma che cos’è un nome? E perché un istante dopo che si viene al mondo, ancor prima che il lamento del nascituro possa divenire parola, abbiamo bisogno di un nome?
Queste stesse domande le trovo al centro di questo meraviglioso romanzo, questa epopea che non ha eguali. John Steinbeck con La valle dell’Eden segna il suo capolavoro letterario, forse perché si scontra con il solo libro capolavoro esistente, la Bibbia. Ogni pagina ci parla di creazione e di sconfitta eterna. Ogni pagina ci parla di famiglia, di padri, di figli, di fratelli, di gemelli. Ogni pagina ci dice che le madri non ci sono, le madri muoiono, le madri si suicidano, le madri rinnegano i figli e peccano, e la sola madre presente è la terra, che partorisce pietre, e che anche quando è fertile non si fa fecondare.
La sola madre possibile è la parola che si fa creazione. Ma è forse per dare continuità alla parola, per riempire quel vuoto, quella perfezione assoluta che il Dio creò, ma rinnegò creando l’uomo, che esistiamo? No, non credo; quella perfezione contraddittoria non è la creazione dell’uomo, ma della parola: Dio aveva bisogno dell’uomo per la parola e non si sottrasse, la creò due volte, la creò come uomo e come donna, come pensiero e come dubbio, come raziocinio e come empatia con tutto ciò che esisteva prima dell’uomo stesso.
Registicamente ho sentito il bisogno di un confronto serio e profondo con la letteratura, per capire dove è il limite tra letteratura e prosa, o meglio se esiste un ostacolo tra la perfezione di un romanzo capolavoro, come La valle dell’Eden, e l’imperfezione della creazione per il palcoscenico, dove tutto nasce per essere immediatamente dimenticato e non restare come testimonianza dell’uomo e quindi del suo Dio creatore.
Steinbeck dice: "chi scrive ha il dovere di incoraggiare, illuminare e dare sollievo alla gente". Se si può dire che la parola scritta in qualche modo sia servita allo sviluppo della specie, lo possiamo dire anche del teatro? E un regista ha lo stesso dovere di uno scrittore?
Bisogna dare il nome alle cose prima di poterne prendere nota, e bisogna che qualcuno ne prenda nota prima che le parole possano essere lette, dette, recitate, interpretate, prima che qualcuno possa farle risorgere.
Oggi so che ci vuole una buona dose di presunzione per recitare o interpretare parole che non mi appartengono, ed è per questo che scelgo un confronto con la letteratura e non con la prosa, forse per cercare un azzeramento che mi allontani dalla spettacolarizzazione della parola e mi riporti all’essenza; verso quell’atto maturo e responsabile di scegliere un nome da dare ai nostri figli, e semplicemente dirlo, o chiamarlo, lontano dalla parola recitata per giustificare il nostro mentire quotidiano.
Antonio Latella
di John Steinbeck
traduzione Maria Baiocchi e Anna Tagliavini
adattamento Linda Dalisi e Antonio Latella
regia Antonio Latella
con (in ordine alfabetico)
Michele Di Mauro (Samuel Hamilton), Christian La Rosa (Charles Trask, Caleb Trask), Emiliano Masala (Cyrus Trask, Dottore, Sceriffo, Dottor Tilson, Aaron Trask), Candida Nieri (Voce dell'Autore, Faye, Eva), Annibale Pavone (Adam Trask), Massimiliano Speziani (Lee), Elisabetta Valgoi (Cathy/Kate, Abra)
scene Giuseppe Stellato
costumi Simona D’Amico
luci Simone De Angelis
musiche e suono Franco Visioli
assistente al progetto artistico Brunella Giolivo
assistente alla regia volontario Paolo Costantini
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Metastasio di Prato, Teatro Stabile dell'Umbria
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