Sandro Lombardi legge

Cleopatràs

4.05 /  2018

20.45

Magnolfi

 

In un teatrino di Lasnigo, cittadina brianzola situata tra folti castagneti ai piedi del Monte Oriolo, e con evidenza legata strettamente alla propria vicenda biografica, Giovanni Testori ambienta un attore che intona il pianto funebre di Cleopatra sul cadavere di Antonio. Seduta su un trono "di stile egizian-canturiese", come recita la didascalia, la regina inizia il suo lamento rievocando l’erotica sensualità dei capelli, delle orecchie, del naso e dei peli pubici di Antonio, e gli intensi profumi del suo corpo, sudori e orine compresi.
Così inizia Cleopatràs, il primo dei Tre lai, che Testori ha scritto negli ultimi mesi di vita. Pubblicati postumi nel 1994, questi Lai sono un testamento poetico, un’opera ultima e definitiva. La situazione è quella di una conversazione con la morte. Ma in questa dimensione estrema e disperata di congedo, in questo porsi di fronte alle domande fondamentali sul proprio destino ultimo, sorprendentemente i Tre lai innalzano un canto d’amore sfrenato per la vita.
In particolare, Cleopatràs tocca tutti i tasti del rimpianto per la perduta ricchezza della vitalità. L’elemento erotico è evidentemente fortissimo, ma in esso non si esaurisce la nostalgia per gli aspetti sensuali del mondo. Perché sono proprio gli elementi più concreti della vita a ossessionare la mente allucinata della morente: i cibi, le bevande, le vesti, le canzoni, le vacanze...
Inizialmente tutta rivolta all’amato Antonio, di tanto in tanto, durante il suo lamento, la "poera gaina Cleopatràs" si distrae per ammirare la bellezza del ragazzo che le porge il cestino in cui si cela l’aspide con cui essa si darà la morte. A questo fantasma, Cleopatràs rivolge sempre più il suo soliloquio, come se in esso si incarnasse il richiamo della vita che, prepotente ed assoluto, ingaggia un corpo a corpo con la pulsione di morte.
In una prepotente contaminazione tra i più disparati elementi di riferimento, Dante e Shakespeare si trovano qui affiancati da ricordi operistici e melodrammatici, ma anche della rivista e dell’avanspettacolo, del cinema e perfino della televisione. Niente però spinge al travestitismo, mentre l’alto tasso di autobiografismo del testo legittima la scelta di un interprete maschile. Totalmente maschili sono infatti la sensibilità, lo sguardo, il linguaggio con cui la voce parlante di questo monologo si rivolge al mondo.

di Giovanni Testori

BOX SANDRO LOMBARDI
4 spettacoli e 2 piacevoli conversazioni con Sandro Lombardi
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